Su cosa hai lavorato nel 2018?
Nel 2018 abbiamo firmato prevendite per 2000 pezzi, chiuso un seed-round con partner industriali, istituzionali e business angels ed abbiamo realizzato i primi 10 prototipi pre-industriali di LIA, con le stesse caratteristiche estetiche e funzionali di quelli che saranno i prodotti industriali.
Inoltre abbiamo pianificato la produzione di massa nei minimi dettagli, sviscerando ogni costo, lead time, metodo di produzione etc. È stato un lavoro di progettazione enorme ed articolato, con 12 ingegneri, ed un team totale di più di 20 persone. Ora basta solo “girare la chiave” e la produzione di massa e le prime vendite partiranno senza ulteriori pianificazioni.
Quali sono i vostri piani di espansione verso l’estero?
Siamo già attivi all’estero: abbiamo firmato i nostri preordini con aziende del calibro di Tower Garden (USA), e puntiamo ai distributori di prodotti di idroponica internazionali, come Hydrogreen (UK), General Hydroponics (USA) etc.
Perché hai deciso di fondare una startup di AgriTech?
È una delle sfide più grandi che dovrà affrontare l’umanità nei prossimi anni: la popolazione sta crescendo, le terre da coltivare stanno finendo, è di vitale importanze l’invenzione di nuovi metodi, processi, soluzioni.
Ogni giorno che passa è più vivo quando sai che stai partecipando alla sfida del Vertical Farming, e a quella che oggi definiamo “Seconda Rivoluzione Verde”.
Chi sono i vostri clienti e perché hanno deciso di usare un SaaS per le loro coltivazioni?
Tower Garden, Cefla, Virere, tutte aziende che stanno producendo e vendendo sistemi di idroponica per la coltivazione.
Far crescere bene le piante in un sistema idroponico è un grande “pain” per i suoi utilizzatori, Agrylist ha stimato che sono necessarie più di 300 ore di lavoro all’anno. È ovvio che sarebbe più comodo avere un robot che automatizzi il tutto, ma questa tecnologia è ancora troppo costosa.
Noi abbiamo abbattuto il suo costo del 70%, dunque siamo i primi a far superare, a chi vende i sistemi idroponici, le barriere di difficoltà di utilizzo del prodotto senza costringerli a creare alte barriere di prezzo.
Qual è il vostro Background professionale in AgriTech?
Massimiliano Carbone and Carlo Muzi sono rispettivamente Ingegnere ambientale e Biologo molecolare, insieme hanno cresciuto più di 2000 piante in idroponica ed hanno progettato tutti gli algoritmi necessari da implementare nel nostro robot per crescere le piante ai livelli di un professionista.
Giulio Caselli, Roberto Iacoboni, Marco Parpinel e Luca Viale, designer e ingegneri meccanici, hanno ricostruito tutte le parti in movimento necessarie ad implementare gli algoritmi scritti da Massimiliano e Carlo.
Giuseppe Caccavale, ingegnere elettronico, ha realizzato la PCB elettronica per muovere correttamente le parti disegnate da Giulio, Roberto e Marco per implementare gli algoritmi.
Christian Cervone, ingegnere informatico, ha preso questi algoritmi e li ha trasformati in codice, implementandoli nella scheda elettronica nostro robot.
Dario Carlomagno, Gaia Tosti and Isabela Freire, ingegnere informatico e front-end designer, hanno realizzato l’app attraverso la quale controllare il robot e dunque l’intero sistema idroponico.
Io, Ares Ferrigni and Jacopo Teodori, CEO e COO con MBA e corsi di digital marketing, abbiamo pianificato la produzione nei minimi dettagli, intrattenendo rapporti con i fornitori e consulenti. Abbiamo chiuso le prime prevendite con i clienti e gestito il fundraising per il primo round di investimento.
Che consiglio daresti a chi vuole entrare in un programma di Accelerazione di Startupbootcamp?
Presentatevi con un prototipo funzionante e dati di mercato “scritti col sangue” se siete hardware, mentre con delle metriche già raggiunte e tangibili se siete software. Una volta dentro sappiate che il vostro gatekeeper è al 99% fra i partner di Startupbootcamp stesso, per cui è cruciale la gestione del rapporto con i mentor, perché un domani potranno diventare vostri partner, investitori, o anche (perché no) soci lavoratori full-time.
Come e quanto avete raccolto fondi finora da parte degli Investitori?
Abbiamo raccolto 250k in totale, 15k con Startupbootcamp nel 2016 e 235k con un panel di investitori nel 2018. Il secondo round lo abbiamo chiuso convincendo gli investitori industriali della bontà del progetto grazie ai brevetti approvati e al tangibile avanzamento rispetto allo stato dell’arte. Gli investitori istituzionali sono stati convinti, dopo mesi a lavorare insieme, dal successo della campagna di prevendite e da come abbiamo pianificato la produzione, avendo costi, tempi e processi cristallini.
Quale pensi sia l’obiettivo di Wallfarm nei prossimi 10 anni?
Diventare lo standard industriale per l’automazione delle coltivazioni idroponiche. Prevediamo anche che l’idroponica diventerà il metodo di coltivazione principale al mondo poiché le terre coltivabili stanno finendo, la popolazione cresce, e la coltivazione idroponica offre raccolti più abbondanti e frequenti senza stagionalità e risparmiando fino a 1/100 dello spazio.
Cosa pensi del Corporate Venture Capital e dei Progetti di Open Innovation?
È ad oggi sicuramente l’unico modo per far scalare le startup hardware sia per disponibilità di fondi (dato che le startup hardware devono sostenere costi iniziali molto alti prima di poter vedere la prima fattura), sia per l’expertise condivisa.
Fare hardware è un’esperienza dura e cruda, quasi il “livello difficile” del già difficile gioco delle startup, e solo i Corporate Venture Capital possono fare da “acceleratori tecnici” per ridurre al minimo gli errori.
Per quanto riguarda le startup software le possibilità di acquisire fondi, creare partnership e fatturare sono più ampie e con meno barriere, ma i progetti di Open Innovation spianano sicuramente la strada ancora di più a queste possibilità.
Su cosa ti stai concentrando nel 2019?
Chiudere il Series A round per sbloccare la produzione di massa, evadere subito le prevendite firmate e piazzare LIA tutti i distributori, fisici o e-commerce, di idroponica in Europa e USA.