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Growth Hacking: quando far crescere il business diventa un lavoro

La figura professionale del growth hacker nasce nel mondo delle startup per avviarne la crescita e porre le basi strategiche per un successo scalabile e sostenibile. Il termine è coniato ufficialmente nel 2010 sul blog di Sean Ellis per indicare una persona la cui stella polare è la crescita: una figura di cui ogni startup pronta a crescere ha bisogno.

Ma come molte innovazioni organizzative, il concetto di growth hacking migra e si replica anche nel mondo corporate. Nel 2017, per esempio, Coca Cola rimuove dall’organigramma la figura del Chief Marketing Officer e crea la posizione di Chief Growth Officer. Una mera sfumatura del job title? No, una scelta mirata per sottolineare il viramento del focus delle responsabilità ed un’evoluzione della tradizionale figura del marketer, la cui attività va a impattare in maniera sempre più diretta ogni reparto dell’azienda.

Oggi il growth hacker è una figura fondamentale in organizzazioni di qualsiasi dimensione alle prese con il lancio di un prodotto e l’espansione di un’attività.

Ma cos’è il Growth Hacking?

L’obiettivo di un growth hacker è individuare delle strategie creative e fuori dagli schemi che abbiano un ripple effect smisurato, ovvero che generino una crescita esponenziale nella fase iniziale di un progetto. Nel contesto di una startup, si tratta di disegnare un processo in tempi brevi, con budget limitati e affrontando una grande concorrenza, per ottimizzare il processo di crescita e dare una direzione all’azienda. Il growth hacker si occupa dunque di snellire i meccanismi del Marketing e di mappare l’intera strategia di acquisizione di clienti e il lancio di un prodotto. Come? Ideando una tattica innovativa, out of the box, e monitorandone l’efficacia tramite i KPI adeguati.

 

L’anchor text di Hotmail

 

L’esempio migliore è la semplicissima ma geniale strategia dell’anchor text di Hotmail. Era il 1996, il concetto di growth hacking ancora non esisteva, ma la simpatica idea di acquisizione clienti ne costituisce il primo e più efficace esempio della storia. Alla fine di ogni mail inviata, Hotmail riportava la scritta “PS: I love You” con un link diretto per creare un account. Risultato? Hotmail ha fatto breccia nel cuore di 12 milioni di nuovi utenti.

Quindi quali competenze deve acquisire un Growth Hacker?

Il growth hacker svolge l’attività di un venditore, di un designer, di un marketer e di un programmatore. Data l’ampiezza del suo raggio d’azione, necessita un profilo multidisciplinare, anche detto a T, con conoscenze in più settori e competenze orizzontali.

Se sei affascinato da questa professione, dovresti focalizzare la tua crescita nelle seguenti aree di hard e soft skills:

  • Creatività combinata con un approccio data-driven: il GH inizia con un’idea, ma la alimenta con un controllo quasi ossessivo delle metriche per analizzare l’andamento della strategia ed eventualmente correggerla e tararla durante il processo. Le metriche standard sono, ad esempio, il viral coefficient (K), il Customer Acquisition Cost (CAC) e il Lifetime Value of Customer (LTV), ma ogni strategia necessita di KPI specifici: il growth hacker si occupa di tracciarli e monitorarli continuamente per ottimizzare il processo che ha ideato;
  • Passione per il prodotto e comprensione del suo potenziale: il punto di partenza è sempre il prodotto, e in particolare la relazione che il cliente instaura con il prodotto. Il Growth Hacking ha a che vedere principalmente con i servizi digitali, di cui il professionista comprende fino in fondo il potenziale di espansione esponenziale e mette in atto piccoli accorgimenti con effetti smisurati per massimizzarne la diffusione;
  • Metodologia Agile: il growth hacker ottimizza snellendo i processi, impostando passi precisi e flow ciclici incentrati sul feedback, sul design thinking e sui processi lean;
  • Gestione di un processo e la facilitazione del lavoro di un team: oltre a creare e standardizzare il processo, il growth hacker deve avere competenze di leadership per comunicarlo e facilitare il lavoro della squadra.
  • Principi del digital marketing, come SEO, SMM, email marketing e blogging: il framework di vendita è l’ecosistema digitale, in cui il growth hacker deve sapersi muovere in maniera efficace ed innovativa.
  • Analisi statistica dei dati, l’impiego di tool come Google Analytics e qualche base di programmazione: il monitoraggio dei dati richiede competenze analitiche ed una passione per i numeri ed i tools adatti; un growth hacker esperto, in particolare, spesso non si affida ai tools ma programma in prima persona ciò di cui ha bisogno per condurre l’analisi dei dati e tarare la strategia.

 

Un caso studio di successo scalabile

Concretezza, creatività e voglia di mettersi nel cuore dell’azione, ecco il marchio di fabbrica di un Growth Hacker. Ed è proprio la sensazione che ho avuto chiacchierando con Michelangelo Aquino, COO di GH, un’azienda di Growth Hacking basata a Cesena che offre data driven full funnel marketing basato sulla sperimentazione rapida. Per introdurmi al suo mestiere ha scelto di raccontarmi di un progetto semplice e lean che ha portato un local business dal niente ad un fatturato di 6 cifre nell’arco di tre anni. Il cliente si chiama Favole di Fil di Ferro e vende piccoli oggetti di artigianato. La soluzione che GH ha confezionato per questa realtà non è un e-commerce, ma un processo basato sull’essenzialità tipica del growth hacking: si tratta di convertire direttamente su Google e vendere tramite Whatsapp.

Il successo della strategia creata per questo cliente, mi racconta Michelangelo, è l’assenza di sovra-strutture: in quest’arte, occorre escogitare strategie efficaci ma semplici per mettere fuori l’offerta, validare che ci sia mercato per il prodotto, e scegliere la piattaforma migliore su cui muoversi per massimizzare il numero di conversioni e lanciare la vendita nel modo più lean possibile. Come la maggior parte dei sistemi disegnati da un growth hacker, questa semplice strategia ha il valore aggiunto di essere facilmente replicabile ed estensibile su vasta scala. Un grande esempio da cui partire per giocare col growth hacking, no?

Come cominciare?

Se sogni di lanciarti in questa professione, gli esperti come Raffaele Gaito consigliano 50% di teoria e 50% di pratica. Occorre infatti una comprensione dei principi cardine del growth hacking, ma anche la voglia di mettersi in gioco sporcandosi le mani con progetti, inizialmente a basso rischio, per allenare la propria imprenditorialità creativo-analitica e costruirsi la confidenza nel processo.



Ecco alcuni libri da cui partire:

  • Growth hacking marketing. La strategia di crescita rapida delle aziende più innovative” di Sean Ellis e Morgan Brown
  • Growth hacker. Mindset e strumenti per far crescere il tuo business” di Raffaele Gaito
  • Strategia oceano blu. Vincere senza competere” di W. Chan Kim , Renée Mauborgne
  • La mucca Farsi notare (e fare fortuna) in un mondo tutto marrone” di Seth Godin
  • Growth Hacker Marketing” di Ryan Holiday

 

A cura di Francesca Mus del VGen Hub Bologna

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