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Risorse dello spazio: opportunità e tensioni internazionali

L’uomo abita il pianeta Terra da circa 6 milioni di anni. Grandi scoperte hanno determinato la sua straordinaria evoluzione, tra cui quella del fuoco e dell’agricoltura. Mai l’essere umano si sarebbe potuto immaginare che un giorno avrebbe messo piede sulla Luna. Ai nostri tempi, invece, non è difficile pensare che prima o poi l’uomo vorrà appropriarsi delle risorse della Luna e degli asteroidi.

Il 27 gennaio del 1967, due anni prima dello sbarco sulla Luna e in piena guerra fredda, i tre governi degli Stati Uniti, del Regno Unito e dell’Unione Sovietica firmarono l’Outer Space Treaty, un trattato, pensato per durare a lungo, che elimina qualsiasi concetto di sovranità al di fuori della superficie terrestre. Tuttavia, il trattato non si esprime contro la possibilità, o l’opportunità, di sfruttare le risorse presenti sul suolo lunare o di altri corpi celesti. Così, nel presente assistiamo a un numero sempre maggiore di stati che iniziano a muovere i primi passi per poter beneficiare in futuro di tali risorse. La NASA stima che il valore totale degli asteroidi a nostra portata si aggiri intorno ai 700 quintiliardi di dollari, l’equivalente di circa 95 miliardi di dollari a persona; la Luna, Marte e gli asteroidi presentano minerali come il silicio, il cobalto, l’oro e il nichel in abbondanza.

Il COPUOS, comitato delle Nazioni Unite sull’uso pacifico dello spazio, si sta occupando delle discussioni legate agli aspetti legali del problema. Sebbene l’estrazione di risorse nello spazio sia un settore ancora agli albori, è possibile illustrare due possibilità: da una parte la possibilità di stringere accordi bilaterali, mentre dall’altra quella di accordi globali. Un accordo su scala globale garantirebbe sicuramente una legislazione equa, ma non dinamica e flessibile nel tempo. Un accordo bilaterale, invece, potrebbe interessare un limitato numero di stati che presentano le risorse per finanziare ed effettuare l’estrazione di queste risorse sulla Luna. Questa seconda pista, inoltre, prevede anche una collaborazione pubblico-privata di istituzioni e imprese, tra le quali le startup e le PMI giocherebbero un ruolo fondamentale. Ogni discussione, al momento, si trova in stato di fermo, in quanto, a causa della pandemia da Covid-19, non si è riunito l’annuale convegno promosso dall’Ufficio Onu per lo Spazio di Vienna.

Gli attori di questo nuovo scenario

Al centro della scena troviamo, come ci si può aspettare, USA e Cina. Sia Obama che Trump hanno cercato di incoraggiare il supporto internazionale nell’utilizzo delle risorse spaziali; il primo nel 2015 con il US Commercial Space Launch Competitiveness Act, e il secondo con l’ordine esecutivo del 6 aprile 2020. Con la legislazione Trump, inoltre, si sono aperte partnership pubblico-private per le missioni verso la Luna e Marte ed è stata creata la Space Force, con lo scopo di difendere gli interessi del Governo e dei cittadini degli Stati Uniti in questo nuovo dominio. La Cina, invece, dopo un lungo silenzio ha lanciato nel gennaio dello scorso anno la sonda Chang’e 4, che ha raggiunto la Luna con lo scopo di fotografare e scansionare minerali, coltivare cotone e lievito, patate e semi di colza. Per la fine del 2020 è previsto il lancio della Chang’e 5 che arriverà sul suolo lunare, ne estrarrà dei campioni e li riporterà sulla Terra.

Le differenze tra i due paesi sono evidenti: sebbene condividano lo scopo di affermarsi come prima potenza spaziale, i due stati finanziano progetti diversi di natura e di valore. La più importante differenza, però, riguarda le aspettative future: secondo alcune stime della NASA, un lancio sulla Luna da parte degli Stati Uniti non si verificherà prima di 15-20 anni, mentre alla Cina basterebbero solo 8 anni. Questo sarebbe motivato dalla differenza consistente negli investimenti e nell’utilizzo, sempre più insistente in Cina, delle nuove tecniche della robotica.

Tuttavia, osservando l’ordine esecutivo di Trump del 6 aprile di quest’anno, si potrebbe aprire un’altra possibilità, estranea al modello americano di grande potenza mondiale: questa interpretazione sembra riconoscere l’intento di creare un tessuto di stati con il fine di cooperare nella missione spaziale.

E l’Europa?

Per quanto riguarda l’Europa, è possibile notare un deciso aumento del budget che l’Unione Europea sta investendo negli ultimi anni nel settore aerospaziale: lo stanziamento per il prossimo quadriennio sale a 14,4 miliardi di euro. Sebbene il Lussemburgo sia il paese europeo con il diritto più sviluppato nel settore spaziale, l’Italia sta contribuendo al pari della Francia nei finanziamenti dell’Agenzia spaziale europea. In Medio Oriente, infine, gli Emirati Arabi Uniti sono lo stato più indirizzato nel settore, e possono contare sull’UAE Space Agency, una delle più giovani e dinamiche agenzie spaziali, che si è posta l’obiettivo di diventare il punto di riferimento globale per l’esplorazione spaziale.

In conclusione, sorgono due domande spontanee: fino a che punto le due potenze USA e Cina convivranno prima di sprofondare in un’altra guerra fredda alla rincorsa dello spazio? E quale sarà il ruolo dell’Europa?

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